Il consumatore inconsapevole
Sul consumatore odierno si scontrano concetti e valutazioni diverse. C’è chi sottolinea la sua evoluzione, la sua capacità di valutazione nei propri acquisti e chi, viceversa, sottolinea ne l’ignoranza generalizzata su argomenti che dovrebbero stare a cuore all’intera collettività: ovvero finanza, credito e tutela assicurativa.
Quando si pone l’attenzione sul consumatore e il suo ruolo nella società odierna, in un mercato ancora sotto scacco dal prolungarsi della crisi, a volte ci si illude che egli sia un soggetto informato e scelga in modo consapevole quanto meno nei due settori principali: credito e assicurazioni.
La valutazione, scontata, è che l'utente sia interessato solo dal prezzo: sui conti correnti bancari le obiezioni più importanti agli sportelli, pare siano (quando va bene) la richiesta di uno sconticino sulle spese di tenuta conto. Nel settore assicurativo, quasi sempre, l’interesse cade sull’entità del premio annuo, senza riguardo nei confronti del contenuto e del marchio. Al massimo si guarda il nome del proprio intermediario, persona stimata, che raccoglie la totale fiducia dell’assicurato e al quale si rimette serenamente la propria tutela, quella della propria famiglia o dell’azienda.
Fino a qualche decennio fa il brand del distributore dava restituiva agli assicurati i valori di legalità, trasparenza, potenza finanziaria. Nel mondo odierno e globalizzato, tutto si è modificato.
Per il settore assicurativo, le fusioni hanno cancellato decenni di certezze: spariti decine di marchi d’imprese. L’utente non trova più quello che considerava un preciso punto di riferimento. Nelle sue mani, ci sono polizze di compagnie sconosciute. Non di rado sono cambiati anche gli agenti, sostituiti da facce nuove, con serie difficoltà anche per riallacciare i rapporti precedenti, anche umani.
Idem il settore bancario, con l’aggravante dei ripetuti scandali, danni irreversibili per i risparmiatori, che ancora oggi non hanno compreso come queste cose possano succedere in una nazione civile e a cosa serve la legge, se nulla si modifica.
Moralmente parlando, nel settore assicurativo le cose vanno meglio, anche se le imprese non sono state ancora in grado di dimostrare quella positiva reattività, capace di competere con il mercato europeo, di rispondere alle rivoluzioni tecnologiche in atto e, soprattutto, di conoscere le esigenze della potenziale clientela italiana: fare delle ricerche mirate, indagare sulle tendenze della collettività, rammentando che la raccolta premi nostrana, tutti i rami, è purtroppo bassa.
Anche gli agenti dovrebbero trovare modi e strumenti per conoscere maggiormente la composizione del proprio portafoglio, le coperture utili alla propria clientela, e scoprire con un maggiore dialogo o occasioni di incontro le decisioni che invogliano alla scelta di un nuovo contratto assicurativo. Occorre conoscere meglio il mondo del web, dei social, delle community. In altre parole, spetta a questo mercato conoscere i consumatori, il loro modo di vivere, evidenziando la necessità d’indispensabili garanzie assicurative.
Possiamo anche tener conto della crisi ma sappiamo qual è la carenza culturale in questo settore, che non ha avuto interessanti incrementi neanche in situazioni economiche nazionali migliori: siamo fermi al palo, con piccolissimi passi avanti e molti indietro, come i gamberi.
La consulenza degli intermediari serve, deve servire, anche in momenti economici preoccupanti come questi, per offrire al cliente il prodotto più consono alle sue necessità, unito a quel servizio che solo il mercato dell’intermediazione sa e può dare.
Bisognerebbe inoltre forzare la mano alle compagnie per convincerle a rivedere le proprie strategie commerciali, evitando molti dei prodotti standardizzati, qualche volta privi delle uniche garanzie che servirebbero all'assicurato, per ripercorrere la strada di un contratto su misura, completo, che all’atto del malaugurato sinistro, non riservi sorprese.
Sarebbe interessante che le compagnie s’impegnassero seriamente in un’opera di sostenibilità e trasparenza per tutti coloro che vendono prodotti assicurativi. Le sanzioni dell’Ivass, quando sono dovute, devono essere addebitate a tutti coloro, nessuno escluso, che le ha meritate: senza cavilli legali od orpelli, che vanno a escluderne alcuni. È lecito attendersi, in una nazione civile, regole uguali per tutti. A questo si aggiunga la diversità dei mancati controlli, dei diversi obblighi legislativi per accedere alla professione, e quindi la scarsa esperienza degli addetti ai lavori. Tutto può diventare ingannevole se gestito attraverso uno sportello (banche, Poste), dal quale ci si dovrebbe aspettare però il meglio della professionalità. Sorvoliamo sugli altri volani di vendita che, realmente, lasciano a desiderare. Gli eventuali danni li pagheranno solo gli italiani ingenui e disinformati?
Quando s’interviene?
Altro compito importante delle associate Ania dovrebbe essere quello di esigere dai competenti organi dello Stato che la cultura assicurativa venga introdotta in tutte le scuole, di ogni ordine e grado. Qualcosa si sta facendo, ma è sempre poco.
A questo proposito abbiamo appreso da un sondaggio promosso dalle Authority, come Banca d’Italia, Consob, Covip e Ivass, atto a informarsi sulla conoscenza finanziaria e del risparmio, anche assicurativo, di risultati disastrosi, quasi incredibili in un momento dove è veramente difficile essere completamente ignoranti. Un’ignoranza abissale circonda le famiglie italiane, che non sanno ancora cosa sia l’inflazione o un tasso d’interesse. È questo l’impietoso quadro.
Di chi la responsabilità di tanta disinformazione? Lo Stato, la scuola, tutti coloro che trattano le varie materie? C’è da dire, però, che i contratti assicurativi vengono accompagnati da note informative sempre più difficili da comprendere anche per gli addetti ai lavori: quindi la coscienza è salva.
Non sorge a tutti il ragionevole dubbio che i risultati dell’indagine possano essere la sintesi di una vecchia strategia, nata nell’altro secolo? Quanto si è parlato di trasparenza, di regole chiare, addirittura dei caratteri topografici negli ultimi trent’anni? Tanto, tantissimo; oggi, anno 2017, ancora ne stiamo discutendo.
Dicevano i latini: “felix qui potuit rerum cognoscere causas”, cioè “fortunato colui che ha potuto conoscere le cause delle cose”
Quando si pone l’attenzione sul consumatore e il suo ruolo nella società odierna, in un mercato ancora sotto scacco dal prolungarsi della crisi, a volte ci si illude che egli sia un soggetto informato e scelga in modo consapevole quanto meno nei due settori principali: credito e assicurazioni.
La valutazione, scontata, è che l'utente sia interessato solo dal prezzo: sui conti correnti bancari le obiezioni più importanti agli sportelli, pare siano (quando va bene) la richiesta di uno sconticino sulle spese di tenuta conto. Nel settore assicurativo, quasi sempre, l’interesse cade sull’entità del premio annuo, senza riguardo nei confronti del contenuto e del marchio. Al massimo si guarda il nome del proprio intermediario, persona stimata, che raccoglie la totale fiducia dell’assicurato e al quale si rimette serenamente la propria tutela, quella della propria famiglia o dell’azienda.
Fino a qualche decennio fa il brand del distributore dava restituiva agli assicurati i valori di legalità, trasparenza, potenza finanziaria. Nel mondo odierno e globalizzato, tutto si è modificato.
Per il settore assicurativo, le fusioni hanno cancellato decenni di certezze: spariti decine di marchi d’imprese. L’utente non trova più quello che considerava un preciso punto di riferimento. Nelle sue mani, ci sono polizze di compagnie sconosciute. Non di rado sono cambiati anche gli agenti, sostituiti da facce nuove, con serie difficoltà anche per riallacciare i rapporti precedenti, anche umani.
Idem il settore bancario, con l’aggravante dei ripetuti scandali, danni irreversibili per i risparmiatori, che ancora oggi non hanno compreso come queste cose possano succedere in una nazione civile e a cosa serve la legge, se nulla si modifica.
Moralmente parlando, nel settore assicurativo le cose vanno meglio, anche se le imprese non sono state ancora in grado di dimostrare quella positiva reattività, capace di competere con il mercato europeo, di rispondere alle rivoluzioni tecnologiche in atto e, soprattutto, di conoscere le esigenze della potenziale clientela italiana: fare delle ricerche mirate, indagare sulle tendenze della collettività, rammentando che la raccolta premi nostrana, tutti i rami, è purtroppo bassa.
Anche gli agenti dovrebbero trovare modi e strumenti per conoscere maggiormente la composizione del proprio portafoglio, le coperture utili alla propria clientela, e scoprire con un maggiore dialogo o occasioni di incontro le decisioni che invogliano alla scelta di un nuovo contratto assicurativo. Occorre conoscere meglio il mondo del web, dei social, delle community. In altre parole, spetta a questo mercato conoscere i consumatori, il loro modo di vivere, evidenziando la necessità d’indispensabili garanzie assicurative.
Possiamo anche tener conto della crisi ma sappiamo qual è la carenza culturale in questo settore, che non ha avuto interessanti incrementi neanche in situazioni economiche nazionali migliori: siamo fermi al palo, con piccolissimi passi avanti e molti indietro, come i gamberi.
La consulenza degli intermediari serve, deve servire, anche in momenti economici preoccupanti come questi, per offrire al cliente il prodotto più consono alle sue necessità, unito a quel servizio che solo il mercato dell’intermediazione sa e può dare.
Bisognerebbe inoltre forzare la mano alle compagnie per convincerle a rivedere le proprie strategie commerciali, evitando molti dei prodotti standardizzati, qualche volta privi delle uniche garanzie che servirebbero all'assicurato, per ripercorrere la strada di un contratto su misura, completo, che all’atto del malaugurato sinistro, non riservi sorprese.
Sarebbe interessante che le compagnie s’impegnassero seriamente in un’opera di sostenibilità e trasparenza per tutti coloro che vendono prodotti assicurativi. Le sanzioni dell’Ivass, quando sono dovute, devono essere addebitate a tutti coloro, nessuno escluso, che le ha meritate: senza cavilli legali od orpelli, che vanno a escluderne alcuni. È lecito attendersi, in una nazione civile, regole uguali per tutti. A questo si aggiunga la diversità dei mancati controlli, dei diversi obblighi legislativi per accedere alla professione, e quindi la scarsa esperienza degli addetti ai lavori. Tutto può diventare ingannevole se gestito attraverso uno sportello (banche, Poste), dal quale ci si dovrebbe aspettare però il meglio della professionalità. Sorvoliamo sugli altri volani di vendita che, realmente, lasciano a desiderare. Gli eventuali danni li pagheranno solo gli italiani ingenui e disinformati?
Quando s’interviene?
Altro compito importante delle associate Ania dovrebbe essere quello di esigere dai competenti organi dello Stato che la cultura assicurativa venga introdotta in tutte le scuole, di ogni ordine e grado. Qualcosa si sta facendo, ma è sempre poco.
A questo proposito abbiamo appreso da un sondaggio promosso dalle Authority, come Banca d’Italia, Consob, Covip e Ivass, atto a informarsi sulla conoscenza finanziaria e del risparmio, anche assicurativo, di risultati disastrosi, quasi incredibili in un momento dove è veramente difficile essere completamente ignoranti. Un’ignoranza abissale circonda le famiglie italiane, che non sanno ancora cosa sia l’inflazione o un tasso d’interesse. È questo l’impietoso quadro.
Di chi la responsabilità di tanta disinformazione? Lo Stato, la scuola, tutti coloro che trattano le varie materie? C’è da dire, però, che i contratti assicurativi vengono accompagnati da note informative sempre più difficili da comprendere anche per gli addetti ai lavori: quindi la coscienza è salva.
Non sorge a tutti il ragionevole dubbio che i risultati dell’indagine possano essere la sintesi di una vecchia strategia, nata nell’altro secolo? Quanto si è parlato di trasparenza, di regole chiare, addirittura dei caratteri topografici negli ultimi trent’anni? Tanto, tantissimo; oggi, anno 2017, ancora ne stiamo discutendo.
Dicevano i latini: “felix qui potuit rerum cognoscere causas”, cioè “fortunato colui che ha potuto conoscere le cause delle cose”
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