Fondo pensione agenti: il tavolo con l’Ania diventa prioritario
Gli intermediari e le imprese a confronto per riformare l’istituto. Claudio Demozzi, presidente Sna, si dice ottimista sulla volontà politica. Stop alla trattativa sull’Ana, in attesa del giudizio Antitrust: se ne riparlerà tra primavera ed estate
04/02/2014
Si riaggiorneranno nelle prossime settimane l'Ania, il Fondo pensione agenti (Fpa), Sna e le altre organizzazioni sindacali (Unapass e Anapa) per trovare un nuovo accordo politico e far partire concretamente la riforma dell'istituto previdenziale. Lunedì scorso, 3 febbraio, le parti sociali si sono incontrate per mettere sul tavolo le problematiche di sostenibilità che, sul lungo periodo, potrebbe avere l'Fpa. Il fondo oggi può vantare comunque una solida posizione finanziaria e avanzi in cassa. Tuttavia è stato valutato in 800 milioni di euro il cosiddetto disavanzo prospettico, ovvero una sofferenza che potrebbe manifestarsi nei prossimi trent'anni.
I motivi sono molteplici, come spiega a InsuranceTrade, Claudio Demozzi, presidente Sna, che ha incontrato ieri Francesco Pavanello, il presidente del fondo, prima del summit con Ania. Con l'ausilio di tre società di consulenza - dice il numero uno di Sna - sono state fatte delle proiezioni a lungo termine. Se non si intervenisse in nessun modo, se l'età media continuasse a crescere con il ritmo degli ultimi anni, quasi un anno per ogni cinque, e i rendimenti restassero così bassi, il fondo avrebbe ovviamente dei problemi". Tuttavia Demozzi non vede un'emergenza ora, ma sottolinea quanto sia stato positivo che "finalmente le parti sociali, Ania compresa, siano pronte a verificare insieme la sostenibilità del sistema e gli eventuali aggiustamenti".
Il Fondo pensione agenti, ad oggi, è operativo per più di 10 mila agenti pensionati, a fronte di contributi da circa 15 mila intermediari lavoratori. La platea dei potenziali contributori supera però le 25 milia unità: è difficile pensare che 10 mila agenti non si interessino alla propria previdenza complementare, proprio loro che dovrebbero venderla. "Il Fondo - continua Demozzi - ha bisogno, come ogni fondo a prestazione definita, di fare di tanto in tanto il punto e verificare chi è iscritto, quando maturerà i diritti e se siamo all'interno di una struttura ancora adeguata. In passato, nel 2003, in coda all'accordo impresa-agenti, era stato triplicato il contributo di adesione al fondo per garantire la stabilità nel lungo periodo".
Il fondo è l'unica istituzione paritetica tra agenti e compagnie, governata al 50% dalle imprese e al 50% dagli agenti. Questo istituto gestisce una massa di più di 50 milioni di euro all'anno di contributi, e rappresenta, secondo Demozzi, "anche dal punto di vista simbolico, un trait d'union non indifferente tra compagnie e agenti". Trovare un accordo politico che unisca le due parti e riformare il l'Fpa significa quindi, aggiunge il presidente, "scommettere sul mantenimento di una gestione collegiale, sul proseguo di una certa partnership tra agenti e imprese. Il fondo è nato nel 1975 come conquista sindacale degli agenti: se viene meno vorrà dire che le compagnie puntano meno sull'agente".
Lunedì, al tavolo, c'erano tanti rappresentanti delle compagnie, a partire da Bruno Scaroni di Generali, Antonello Cattani di Cattolica, Franco Ellena di UnipolSai, insieme a Vittorio Verdone e Dario Focarelli, rispettivamente direttore centrale e direttore generale di Ania, segno che ora la priorità è aprire un confronto vero sul fondo, per individuare interventi che saranno concordati e ritenuti utili. Certamente tra questi non si parlerà di governance, perché né Ania né Sna ritengono sia un problema: "noi - conferma Demozzi - non ne abbiamo chiesto una revisione: il presidente Pavanello e il vice presidente Roberto Manzato (Ania) sono capaci, apprezzati e affidabili".
Se tra Ania e Sna sembra esserci una sintonia, almeno nelle intenzioni, sulla gestione dei cambiamenti dell'Fpa, discorso diverso è il rinnovo dell'Ana. Ieri non se n'è parlato, perché, come evidenzia Demozzi, "si tratta di due tavoli gestiti da rappresentanti diversi". Al momento non sono in programma incontri sul tema, anche perché dopo le novità giunte da Antitrust, ora le parti devono fare altre valutazioni. L'iter dell'istruttoria dell'Agcm è ancora lungo: sono stati posti in pubblica consultazione gli impegni delle sette compagnie (UnipolSai, Generali, Allianz, Reale Mutua, Cattolica, Axa e Groupama) e solo a fine aprile (ma c'è chi dice persino luglio) l'Authority potrebbe esprimere un giudizio. Alla luce di questo, tutto si ferma: "i nodi venuti al pattine e riconosciuti da Antitrust - conclude Demozzi - potrebbero comportare cambi di posizione da entrambe le parti. Mi pare, da parte dell'Ania, una scelta oculata attendere, perché qualora i comportamenti consolidati delle imprese venissero messi fuori legge, cambierebbero i termini della discussione. È anche una posizione accorta: non è giustificabile premere per portare avanti una trattativa: il rischio è lavorare per nulla".
I motivi sono molteplici, come spiega a InsuranceTrade, Claudio Demozzi, presidente Sna, che ha incontrato ieri Francesco Pavanello, il presidente del fondo, prima del summit con Ania. Con l'ausilio di tre società di consulenza - dice il numero uno di Sna - sono state fatte delle proiezioni a lungo termine. Se non si intervenisse in nessun modo, se l'età media continuasse a crescere con il ritmo degli ultimi anni, quasi un anno per ogni cinque, e i rendimenti restassero così bassi, il fondo avrebbe ovviamente dei problemi". Tuttavia Demozzi non vede un'emergenza ora, ma sottolinea quanto sia stato positivo che "finalmente le parti sociali, Ania compresa, siano pronte a verificare insieme la sostenibilità del sistema e gli eventuali aggiustamenti".
Il Fondo pensione agenti, ad oggi, è operativo per più di 10 mila agenti pensionati, a fronte di contributi da circa 15 mila intermediari lavoratori. La platea dei potenziali contributori supera però le 25 milia unità: è difficile pensare che 10 mila agenti non si interessino alla propria previdenza complementare, proprio loro che dovrebbero venderla. "Il Fondo - continua Demozzi - ha bisogno, come ogni fondo a prestazione definita, di fare di tanto in tanto il punto e verificare chi è iscritto, quando maturerà i diritti e se siamo all'interno di una struttura ancora adeguata. In passato, nel 2003, in coda all'accordo impresa-agenti, era stato triplicato il contributo di adesione al fondo per garantire la stabilità nel lungo periodo".
Il fondo è l'unica istituzione paritetica tra agenti e compagnie, governata al 50% dalle imprese e al 50% dagli agenti. Questo istituto gestisce una massa di più di 50 milioni di euro all'anno di contributi, e rappresenta, secondo Demozzi, "anche dal punto di vista simbolico, un trait d'union non indifferente tra compagnie e agenti". Trovare un accordo politico che unisca le due parti e riformare il l'Fpa significa quindi, aggiunge il presidente, "scommettere sul mantenimento di una gestione collegiale, sul proseguo di una certa partnership tra agenti e imprese. Il fondo è nato nel 1975 come conquista sindacale degli agenti: se viene meno vorrà dire che le compagnie puntano meno sull'agente".
Lunedì, al tavolo, c'erano tanti rappresentanti delle compagnie, a partire da Bruno Scaroni di Generali, Antonello Cattani di Cattolica, Franco Ellena di UnipolSai, insieme a Vittorio Verdone e Dario Focarelli, rispettivamente direttore centrale e direttore generale di Ania, segno che ora la priorità è aprire un confronto vero sul fondo, per individuare interventi che saranno concordati e ritenuti utili. Certamente tra questi non si parlerà di governance, perché né Ania né Sna ritengono sia un problema: "noi - conferma Demozzi - non ne abbiamo chiesto una revisione: il presidente Pavanello e il vice presidente Roberto Manzato (Ania) sono capaci, apprezzati e affidabili".
Se tra Ania e Sna sembra esserci una sintonia, almeno nelle intenzioni, sulla gestione dei cambiamenti dell'Fpa, discorso diverso è il rinnovo dell'Ana. Ieri non se n'è parlato, perché, come evidenzia Demozzi, "si tratta di due tavoli gestiti da rappresentanti diversi". Al momento non sono in programma incontri sul tema, anche perché dopo le novità giunte da Antitrust, ora le parti devono fare altre valutazioni. L'iter dell'istruttoria dell'Agcm è ancora lungo: sono stati posti in pubblica consultazione gli impegni delle sette compagnie (UnipolSai, Generali, Allianz, Reale Mutua, Cattolica, Axa e Groupama) e solo a fine aprile (ma c'è chi dice persino luglio) l'Authority potrebbe esprimere un giudizio. Alla luce di questo, tutto si ferma: "i nodi venuti al pattine e riconosciuti da Antitrust - conclude Demozzi - potrebbero comportare cambi di posizione da entrambe le parti. Mi pare, da parte dell'Ania, una scelta oculata attendere, perché qualora i comportamenti consolidati delle imprese venissero messi fuori legge, cambierebbero i termini della discussione. È anche una posizione accorta: non è giustificabile premere per portare avanti una trattativa: il rischio è lavorare per nulla".
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