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Aiba, i nuovi rischi tra rivoluzione ed evoluzione

L'insurtech che favorisce la disintermediazione e i cambiamenti climatici sono le sfide su cui si è incentrato il convegno annuale dell'associazione. Dove istituzioni, compagnie e ricercatori hanno sottolineato il ruolo centrale dei broker nel trasformare queste criticità in leve di sviluppo

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Rivoluzione dei rischi, evoluzione del mercato. Su questo scenario si è articolato, ieri a Roma, l'appuntamento annuale dei broker di Aiba, intitolato quest’anno Rivoluzione? Evoluzione, con riferimento alle minacce emergenti e all’impatto sul settore assicurativo. L’evento è stato aperto dall’Ivass che ha scattato un’istantanea del brokeraggio in Italia. A fine 2017, ha esordito Stefano De Polis, segretario generale, i broker individuali erano circa 4.000, le società di brokeraggio 1670 e 270 quelle con sede all’estero. I broker hanno intermediato l’1,6% dei premi vita e il 13,8% dei rami danni, con un aumento del 38% rispetto ai 10 anni precedenti, dimostrando una spiccata vocazione verso i mercati esteri, cosa che richiede un servizio altamente professionale e un’attenta selezione delle partnership internazionali.

Il COSTO DEL DIGITAL 
In questo scenario s’inseriscono due sfide importanti: la digitalizzazione e lo scenario dei cambiamenti climatici. Riguardo al primo va sottolineato che l’insurtech sta cambiando il tradizionale modo di fare assicurazione e di tariffare il rischio. Nascono nuovi strumenti, quali le piattaforme di robo advisory (che confezionano in modo automatico pacchetti personalizzati sul profilo del cliente), le polizze parametriche e la blockchain, che facilita soluzioni economiche e consumer oriented

Qui si inserisce il cyber risk: a fine 2016, secondo un’indagine della Banca d’Italia, un terzo delle imprese non finanziarie aveva subito un danno derivante da attacco informatico; nel 2018 il fenomeno è cresciuto del 38% (1.152 attacchi gravi secondo l’ultimo Rapporto Clusit) provocando, nel 62% dei casi, danni superiori a 80 mila euro. Tuttavia, la copertura assicurativa è ancora bassa: solo il 33% delle aziende italiane è protetto in modo completo o parziale rivelando un “mercato enorme che richiede protezione” dove, conferma il regolatore, il “ruolo del broker è cruciale”. 

L’offerta tradizionale, però, avverte Luca Franzi de Luca, presidente di Aiba, non è sempre adeguata a causa dell’esclusione dei cyber risk dalle coperture property & casualty e anche dell’esclusione, dalle coperture specifiche sul rischio informatico, di lesioni e danni materiali. “Servono nuove soluzioni stand alone per garantire la longevità delle aziende”, ma è altrettanto fondamentale mantenere un “attentissimo presidio su quelli che possono risultare essere i rischi non trasferiti al mercato assicurativo”. 

LA TRANSIZIONE ENERGETICA, DRIVER DEL CAMBIAMENTO 
Sul clima, a preoccupare sono ancora le cifre: fino al 2009 le catastrofi naturali hanno avuto un costo medio annuo di circa 3,5 miliardi di euro, ma dal 2010 a oggi la spesa ha raggiunto i sette miliardi in un anno. La valutazione di questo rischio, fa notare Stefano Pareglio, professore associato di Economia dell’ambiente e delle fonti di energia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, deve partire dall’impatto che le azioni di riduzione delle emissioni di gas serra producono su chi investe: la finanza chiede all’impresa di rendicontare la gestione della transizione verso il taglio del 45% di emissioni, entro il 2030. La transizione energetica, ha spiegato, sarà il “driver del cambiamento delle abitudini e anche dei capitali” e, considerando che l’adattamento della domanda di energia al cambiamento climatico vale 900 miliardi di dollari all’anno di investimento, siamo di fronte a una perdita ma al tempo stesso a un’opportunità.

LA RICERCA DI ALLEANZE 
Nonostante le cifre allarmanti sul climate change, persiste il protection gap: in Italia, meno del 2% delle abitazioni è protetto dal rischio alluvione. Qui è necessario, secondo De Polis, avviare collaborazioni pubblico-privato dove i broker possono giocare un ruolo di primo piano ricorrendo ad aggregazioni con grandi realtà dotate di modelli di simulazione delle catastrofi e di grosse competenze su rischi specifici. Oggi più che mai, i broker devono rappresentare un “solido e affidabile ponte tra assicurati, imprese e compagnie” adottando una strategia di mitigazione dei rischi mediante polizze ritagliate sulle esigenze dei clienti e “alleanze fra operatori diversi per dimensione e professionalità”.

CAMBIARE IN SINTONIA 
Sull’idea di collaborazione insiste anche la presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, che parla di una “partnership tra compagnie, broker e clienti di lungo periodo”. L’intermediario, però, “deve cambiare se stesso”, modificando “il modo di relazionarsi con l’assicurato, il linguaggio e i tempi”. Farina vede un “percorso virtuoso” in cui è necessario “essere tutti in una sintonia continua” per accompagnare il cliente nel cambiamento. Dal canto loro, le compagnie già impegnate in questa evoluzione stanno raccogliendo i frutti: nel 2018, la raccolta premi ha superato i 135 miliardi di euro, con un incremento del 3,2%; cresce il comparto danni (+2,3), ma soprattutto quello vita (3,5%), in particolare il ramo I (+5,9% a fronte di un -13% del Ramo III), dimostrando un ritorno a soluzioni più sicure. 

SUPPORTARE LE PMI 
L’evento si è concluso con una tavola rotonda che ha messo a confronto ricercatori e broker facendo emergere una nuova mappa dei rischi: se nel 2009 le prime cinque minacce erano di carattere economico-finanziario, sociale e geopolitico, nel 2019 a guidare la classifica sono quelle ambientali e tecnologiche. Vi sono poi i rischi endogeni, ha sottolineato Marco Giorgino, professore di financial risk management e financial markets and institutions al Politecnico di Milano, che derivano dal rispetto dei requisiti Esg (Environmental, social e governance): se una grande azienda ha un impatto ambientale e sociale limitato sarà attrattiva per gli investitori; viceversa, se uno dei suoi piccoli fornitori non risponde a questi requisiti, l’impatto si avrà non solo sulla grande azienda ma soprattutto su quella piccola. Ecco quindi che la vera rivoluzione deve attuarsi nel modo di supportare le Pmi a sopravvivere sul mercato.

IL VALORE DEL TEMPO 
C’è un altro fattore da considerare quando si parla di rischi: il tempo. Secondo Claudio Cacciamani, professore di Economia degli intermediari finanziari dell’Università degli studi di Parma, la relazione con il cliente richiede tempo, che va retribuito. Qui, avverte, “stiamo confondendo l’intermediazione regolamentare con quella professionale”: il mediatore non è il professionista che, dando valore aggiunto all’assicurato, deve farsi pagare il tempo che dedica alla relazione. Dunque “va distinta la formazione dall'informazione e l’intermediazione dalla mediazione” e la vera sfida diventa “l’approccio con il cliente a cui dare l’abito su misura”. 

UN PERCORSO VIRTUOSO CHE PARTA DALL'ASCOLTO 
A chiudere la giornata il padrone di casa, Luca Franzi de Luca, che ribadisce l’idea di una “nuova partnership fra industria, cliente e broker” affinché l’offerta tuteli al meglio i rischi. È il momento, ha spiegato, di creare partnership a tre attori, dove il cliente è al centro e chiede al mercato assicurativo il superamento dei limiti, a favore di un principio mutualistico. Oggi, la grande opportunità è “lavorare insieme” per reinventare un sistema in cui le “polizze siano più performanti e adeguate al bisogno” e dove i broker facciano sentire la propria voce, favorendo un percorso virtuoso che parta dall’ascolto e una “partnership come punto di equilibrio fra i bisogni del mercato e quelli dell’assicurato”.

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