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Investitori istituzionali, più forti della pandemia

Nel 2020, secondo il consueto rapporto di Itinerari Previdenziali, il patrimonio del settore è cresciuto del 3,97% e ha raggiunto quota 953,81 miliardi di euro

Investitori istituzionali, più forti della pandemia
Il settore degli investitori istituzionali in Italia si rivela più forte della pandemia di coronavirus. Nel 2020, nonostante la crisi innescata dall'emergenza Covid-19, il patrimonio del settore è cresciuto del 3,97% su base annua e raggiunto quota 953,81 miliardi di euro, più della metà (58%) del Pil e più del doppio rispetto ai 404,11 miliardi di euro che si registravano prima della grande crisi finanziaria del 2008. I numeri arrivano dall'ottava edizione del rapporto annuale di Itinerari Previdenziali, realizzato in collaborazione con Banco Bpm
Numeri positivi anche per quanto riguarda la previdenza complementare: vanta risorse per circa 200 miliardi di euro, cosa che lo conferma al 14esimo posto della classifica Ocse per patrimonio dei fondi pensione. Gli Stati Uniti, con un mercato da oltre 27mila miliardi di euro, restano inavvicinabili, eppure anche il settore italiano della previdenza complementare inizia a vantare dimensioni di tutto rilievo.
Bene anche i rendimenti, con quasi tutti gli operatori che, seppur in affanno rispetto ai risultati del 2019, sono riusciti a mettere a bilancio performance positive: +3,6% per le fondazioni di origine bancaria, +3,1% per i fondi negoziali, +2,9% per i fondi aperti, +2,6% per i fondi preesistenti con il 2,6% e +1,4% per le gestioni separate. In territorio negativo soltanto il settore delle unit linked, che perde lo 0,2%, ma la performance complessiva del mercato resta tuttavia positiva. I cosiddetti rendimenti obiettivo, ossia tfr, inflazione e media quinquennale del Pil, giusto per avere un'idea, si sono attestati rispettivamente a 1,2%, -0,2% e 2%.
Alberto Brambilla (nella foto), presidente del centro studi, ha evidenziato che le strategie di investimento hanno registrato una diminuzione degli impieghi in titoli di Stato, che tuttavia resta in alcuni casi preponderante, e un contestuale aumento degli affidamenti a gestori sempre più specializzati in strategie innovative e diversificate. “L’allocazione degli attivi investiti ha consentito di superare positivamente un anno che ha complicato le gestioni finanziarie di tutti gli operatori di mercato, anche grazie alla diversificazione, attuata sempre più mediante una gestione diretta in private market e con fondi d’investimento a gestione attiva”.

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