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Rc sanitaria, l'Ania rigetta l'obbligo a contrarre

Nell'audizione alla Camera, l'associazione commenta alcune proposte di legge dibattute in commissione

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Agire soprattutto dal lato giuridico per rendere più efficiente il mercato delle polizze di responsabilità sanitaria. Questo sostanzialmente il messaggio lanciato oggi dall'Ania, durante l'audizione alla commissione Affari sociali della Camera, nell'ambito dei lavori sull'esame di vari disegni di legge in materia di responsabilità professionale del personale sanitario.
Il grave problema della responsabilità dei medici e delle strutture sanitarie deriva, secondo l'Ania, da alcuni aspetti peculiari della realtà italiana: l'obbligazione del medico è divenuta praticamente un'obbligazione di risultato con conseguente limitazione dell'applicabilità dell'articolo 2236 del Codice civile, in base al quale, se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave". Le conseguenze per il sistema sanitario hanno comportato maggiori costi diretti anche in termini di risarcimenti dovuti ai pazienti con relativo incremento del costo delle eventuali coperture assicurative; maggiori difficoltà nei rapporti tra medico e paziente; nonché maggiori costi indiretti derivanti dal ricorso alla cosiddetta medicina difensiva, che, secondo recenti stime elaborate dal Cergas - Università Bocconi, raggiungerebbe il 10%, ovvero circa 13 miliardi, della spesa sanitaria complessiva.

Per il sistema assicurativo le conseguenze riguardano le ingenti perdite economiche dovute a una errata tariffazione delle coperture a causa soprattutto di una comprensibile mancata previsione, all'epoca della sottoscrizione dei contratti, delle tendenze citate in precedenza che ha comportato una sottostima dei reali costi del rischio sottoscritto. L'Ania, d'altro canto, ammette che per le strutture sanitarie risulta esserci una rilevante mancanza dell'offerta assicurativa, ma nega che per i singoli professionisti manchino le coperture.
Tuttavia, precisa la Confindustria delle assicurazioni, l'origine del problema è di natura giuridica e sociale. Si invoca, quindi, un urgente intervento volto a introdurre misure idonee a mitigare il rischio di malpractice medica al fine di contenere il livello dei costi, di renderli maggiormente prevedibili e, di conseguenza, di ampliare la disponibilità di coperture assicurative.

Ecco perché l'Ania suggerisce di passare a un sistema cosiddetto no fault in cui, per determinate casistiche di eventi, sia previsto un risarcimento, o meglio un indennizzo, standardizzato senza la ricerca e l'attribuzione della responsabilità. Questa scelta è stata compiuta nel panorama europeo dai Paesi scandinavi, che hanno abbandonato i tradizionali sistemi di attribuzione di responsabilità per malpractice.
Un'altra soluzione adottata da Francia, Inghilterra e Germania, è quella di un sistema generale basato sulla responsabilità civile affiancato a un sistema no fault per specifiche tipologie di danno.

In più sarebbe necessario subito una rivisitazione del concetto di responsabilità, con l'introduzione di protocolli che esimano gli operatori dalla responsabilità se essi sono in grado di dimostrare di averli correttamente seguiti; insiema a una standardizzazione dei criteri di valutazione dei danni con l'introduzione, per esempio, di tabelle di valutazione del danno e la definizione di eventuali limiti ai danni non patrimoniali.
Il contenimento del ricorso alla giustizia ordinaria tramite meccanismi alternativi di risoluzione del contenzioso e la disincentivazione delle richieste infondate, potrebbero agevolare la linearità di tutto il sistema.

D'altro canto alcune questioni possono essere risolte anche senza il ricordo a una compagnia: è il caso di strutture sanitarie che possono contare in ultima istanza sul bilancio pubblico o sono proprietarie di importanti attivi. "Andrebbe pertanto valutata la possibilità, per tali strutture - sostiene Ania - di scegliere liberamente se assicurarsi, e in tal caso con quale tipo di copertura, oppure autoassicurarsi, anche parzialmente. 

Per quanto riguarda le proposte di alcuni disegni di legge, l'Ania ha contestato soprattutto l'obbligo a contrarre. L'associazione sostiene che un obbligo non gioverebbe ad allentare la tensione attualmente esistente sul tema della medical malpractice, ma al contrario l'effetto dell'obbligo sarebbe quello di restringere l'offerta con conseguente minore disponibilità di coperture assicurative, diminuzione della concorrenza e pressione al rialzo dei prezzi e prevedibile allontanamento degli operatori (italiani e stranieri) dal settore. 
Tale previsione sarebbe poi di fatto inattuabile sul piano operativo proprio con riferimento ai rischi sanitari, perché la sottoscrizione di tali rischi sarebbe impensabile per un'impresa di limitate dimensioni. Una piccola compagnia, che si trovasse obbligata ad accettare la richiesta di un ospedale che presenti un'alta rischiosità, metterebbe a rischio la propria solidità. 

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