Dazi, quali rischi per il settore dei metalli
Un'analisi di Coface mette in luce le possibili conseguenza della recente mossa di Donald Trump

Scatteranno il prossimo 4 marzo i dazi del 25% che sono stati disposti dal presidente statunitense Donald Trump sulle importazioni di acciaio e alluminio. La decisione della Casa Bianca, a cui si somma anche il recente annuncio di possibili dazi reciproci verso altri paesi, potrebbe scuotere il settore dei metalli a livello globale e, secondo una recente analisi di Coface, generare grande incertezza sul mercato.
La società evidenzia innanzitutto che i paesi maggiormente colpiti dai dazi sarebbero Messico e Canada, ossia i principali esportatori negli Stati Uniti di acciaio e alluminio: il solo Canada, per esempio, ha coperto nel 2024 due terzi delle importazioni statunitensi di allumina e alluminio, contribuendo a un deficit di sette miliardi di dollari in questo ambito nei due paesi.
A differenza di quanto avvenuto nel 2018, quando fu imposto un dazio del 10%, Donald Trump ha escluso per il momento la possibilità di effettuare trattative bilaterali per riconoscere esenzioni ai partner commerciali e affermato che i dazi saranno “senza eccezioni o esenzioni”.
Proprio l'esperienza del 2018 mostra tuttavia alcune criticità. L'imposizione dei dazi non ha infatti generato una crescita sostenibile della produzione interna di acciaio e alluminio negli Stati Uniti e non ha nemmeno rallentato la diminuzione dei livelli di occupazione nel settore. L'aumento dei costi di produzione si è poi riflesso nelle industrie a valle, con tariffe in aumento in settori come costruzioni e automotive. Anche gli effetti per i paesi esportatori potrebbero essere tangibili e concreti, visto che la diversificazione delle offerte potrebbe rivelarsi difficile e lo scenario attuale, caratterizzato da un eccesso di capacità produttiva, potrebbe ostacolare la ricerca di altri acquirenti.
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