Macrolesioni: la Tabella unica nazionale potrebbe già essere usata?
Se lo chiedono gli avvocati Maurizio Hazan, Filippo Martini e Marco Rodolfi in quest’analisi a pochi giorni dalla chiusura della pubblica consultazione sul dpr emanato dal ministero dello Sviluppo economico che contiene i nuovi valori per la liquidazione dei danni gravi nei sinistri Rca e sanitari
03/03/2021
L’iter di trasformazione in norma dello schema di dpr sulle tabelle del risarcimento delle lesioni gravi, appena partito, sembra già destinato a incontrare alcuni ostacoli e qualche ritardo. L’instabilità della situazione politica e le forti perplessità, per non dire proteste, pervenute dalle professioni medico legali durante la pubblica consultazione (terminata il 29 gennaio) porteranno probabilmente a revisioni o comunque ripensamenti, per lo più sulla parte di tabella relativa alla menomazioni all’integrità psicofisica comprese fra 10 e 100 punti di invalidità.
Non sappiamo, dunque, se e in quanto tempo la lodevole iniziativa ministeriale approderà a uno sbocco effettivo, da molti atteso nella speranza di risolvere, sia pur con quindici anni di ritardo, la grottesca impasse attuativa dell’articolo 138 del Codice delle assicurazioni (Cap).
Rimane il fatto che il lavoro del Mise, mandato in pubblica consultazione, costituisce uno sforzo comunque apprezzabile, quantomeno per quel che attiene alla tavola dei valori economici per il risarcimento dei danni.
Il riferimento delle tabelle di Milano
Come abbiamo già avuto modo di ricordare, la costruzione della curva è stata elaborata con il fondamentale supporto dell’Ivass, che ha fornito le proprie competenze attuariali per realizzare un modello tabellare che fosse il più possibile rispondente ai criteri indicati dal citato art. 138 del Cap, mantenendo fede anche al principio di sostenibilità generale dei valori risarcitori complessivamente espressi nella tabella, in confronto a quelli risultanti dall’applicazione dei parametri precedentemente in uso nelle corti (quelli risultanti dalle tabelle elaborate dall’Osservatorio del tribunale di Milano).
Sullo sfondo c’è la necessità di tener conto dell’incidenza della nuova tabella sui premi posti a carico dei soggetti tenuti per legge ad assolvere l’obbligo assicurativo in sanità e nella Rc auto: risulta invero che, nella costruzione della tabella, siano stati presi in considerazione i valori complessivi dei risarcimenti erogati nelle scorse annualità, sulla base delle tabelle milanesi al fine di evitare che i nuovi parametri conducessero a incongrui aumenti di costo (complessivo) per i due sistemi obbligatoriamente assicurati, rispetto a quanto sostenuto negli esercizi passati in applicazione (prevalente) della tabella milanese.
Un felice esempio di equilibrio
Il modello costruito merita dunque un deciso apprezzamento, per la capacità di ossequiare sostanzialmente, calibrandole in modo convincente, tutte le coordinate applicative previste dal legislatore, porgendo da un lato tributo al metodo milanese, quanto alle generalissime impostazioni di base e ai parametri valoriali di riferimento, e dall’altro discostandosene in modo piuttosto marcato in alcuni fondamentali passaggi (valore del punto economico di base, incremento più che proporzionale del valore del punto al crescere dell’invalidità, e separata valorizzazione del danno morale con tre fasce di personalizzazione incrementali per ciascun punto di invalidità).
Il fatto che la tabella in oggetto costituisca un felice esempio di equilibrio e di rispetto della criteriologia di legge induce a chiedersi se la stessa possa, anche in assenza e prima della sua conversione in norma, esser assunta nelle corti quale nuovo parametro di riferimento e strumento facoltativo di calcolo delle prossime liquidazione nel campo della Rc auto e della responsabilità medica.
Provvisoria ma non troppo
Per dirla in altri termini: dopo l’auspicabile approvazione del dpr, l’applicazione delle tabelle di legge per il macro danno sarà senza dubbio mandatoria e inderogabile. Ma prima di quell’approvazione il giudice che volesse assumerla a base della propria decisione, ritenendola preferibile rispetto a quella meneghina o a quella capitolina, potrebbe farlo? D’istinto si potrebbe dire di no. Quella tabella nasce nell’ambito di un percorso normativo bipartito, che dovrebbe vedere la luce in entrambe le sue componenti (barèmes medico legali e criteri di valutazione economica), destinate a lavorare in sincrono. Il fatto stesso poi che si tratti di documento posto in pubblica consultazione ne dimostra una sorta di tautologica provvisorietà, potendo ben esser messo in discussione nel corso dei relativi lavori. Ma a voler ben vedere si potrebbe anche ragionare diversamente.
È noto che, nella discutibile vacanza della tabella di legge, il risarcimento dei danni da lesioni di non lieve entità è stato affidato, con il beneplacito delle Corte di Cassazione, a sistemi liquidativi surrogatori, rispetto a quelli (invano) previsti dal Codice delle assicurazioni. In particolare, come la Suprema Corte ha anche recentemente ribadito, in assenza di tabelle normativamente determinate, le tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una “vocazione nazionale”, in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) ingiustificate disparità di trattamento tra i danneggiati.
L’autonomia del danno morale
È dunque a quelle tabelle milanesi che la Cassazione ha sistematicamente attribuito, in mancanza del dpr attuativo, “la valenza, in linea generale e nel rispetto dell’art. 3 della Costituzione, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno non patrimoniale salva ovviamente l’emersione di concrete circostanze che ne giustifichino l’abbandono”.
Vi è dunque da chiedersi se proprio rimanendo nel solco di questo ragionamento, non si possano oggi rinvenire ragioni, fondatamente argomentate, per abbandonare i metodi tabellari in uso nelle corti di merito e seguire invece il modello alternativo proposto dal ministero. Non vi è dubbio che la tabella milanese, nata ben prima della riforma del Codice delle assicurazioni, non ha mai costituito (né era tenuta a esserlo…) sviluppo esatto dei criteri dettati dall’art. 138 del Cap, discostandosene, anzi, significativamente, anche sul versante dell’autonoma valorizzazione del danno morale.
Lo schema ministeriale è già autorevole
Non solo: i più recenti orientamenti di legittimità hanno apertamente messo in discussione la correttezza dell’impostazione seguita dal metodo milanese, proprio in relazione ai meccanismi di liquidazione (automatica) della componente morale del danno non patrimoniale. Senza voler entrare nel merito di tali critiche, per certi versi opinabili, non sembra del tutto peregrino sostenere che un giudice, o meglio un intero distretto giudiziario, che volesse prendere come riferimento la tabella dei valori economici allegata allo schema ministeriale di dpr, ben avrebbe oggi la possibilità di farlo, motivando congruamente la propria scelta. Ciò poiché lo schema ministeriale, autorevole già quanto alla fonte che lo ha elaborato nelle proiezioni numeriche (Ivass), costituisce, nell’attuale panorama, l’unico effettivo riferimento tabellare fedele alle indicazioni e alle criteriologie di legge. A ciò si aggiunga che le tabelle in uso presso i vari tribunali costituiscono, secondo la Cassazione, un mero criterio guida e non già normativa di diritto (si veda Cass., 22 gennaio 2019, n. 1553): il che ci induce a dire che anche il modello ministeriale, calibrato in modo sufficientemente persuasivo, potrebbe integrare un criterio guida convincente, prima ancora di diventare norma vincolante.
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