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Le conclusioni del Fatf sull’antiriciclaggio

Si è svolta a metà ottobre la riunione plenaria del Financial action task force con la condivisione finale di aspetti rilevanti. Breve focus sul ruolo dei Pep's e su come instaurare un rapporto conforme ai vincoli

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Il Financial action task force (Fatf o, in francese, Gafi), l'organismo intergovernativo che dal 1989 ha il compito di definire gli standard e promuovere l'effettiva attuazione delle misure legali, normative e operative per la lotta contro il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e gli altri fattori di minaccia all'integrità del sistema finanziario internazionale, ha recentemente pubblicato gli esiti della riunione plenaria tenutasi a Parigi nei giorni 16, 17 e 18 ottobre.
Nel corso del summit sono stati compiuti numerosi passi importanti.
Tra le tante azioni intraprese, si è anzitutto proceduto a identificare le giurisdizioni che maggiormente costituiscono un rischio per il sistema finanziario internazionale (elencando sia i Paesi che presentano gravi carenze in ambito antiriciclaggio e finanziamento del terrorismo, sia l'elenco delle giurisdizioni che, pur presentando tali carenze, hanno sviluppato un piano d'azione con il Gafi).
È stato inoltre approvato e pubblicato un Paper (Best practices paper on the use of the Fatf recommendations to combat corruption) appositamente dedicato alla prevenzione e alla repressione del reato di corruzione che, come noto, rappresenta un importante presupposto di riciclaggio. Si ricorda come nel nostro ordinamento, la legge n. 190/2012, recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione in vigore dal 28/11/2012, abbia introdotto nel D.lgs. 231/2001 il reato di corruzione tra privati.
Il Paper del Gafi in materia di corruzione si inserisce nel solco già tracciato dalle raccomandazioni n. 12 e 22 di giugno 2013 in tema di persone politicamente esposte (Pep), quei soggetti che, per il ruolo che rivestono, risultano potenzialmente esposti ad un più elevato rischio di riciclaggio di fondi illeciti o ad altri reati quali, appunto, la corruzione e la concussione.
Nell'instaurare un rapporto economico con un Pep si richiede pertanto l'applicazione di misure rafforzate di adeguata verifica. Il punto chiave è l'effettiva attuazione degli obblighi di adeguata verifica del cliente: gli operatori del settore finanziario (e assicurativo) devono sapere chi sono i loro clienti e capire quanto questi siano esposti a determinati fattori di rischio in virtù, anche della loro posizione professionale.
Esistono ovviamente numerose fonti esterne di informazione per determinare se un cliente rientri o meno nella definizione di Pep, quali, ad esempio, i database commerciali. Tuttavia va notato che queste banche dati da sole non sono sufficienti e, per altro, il loro utilizzo non è considerato obbligatorio. Ad ausilio degli operatori, il Gafi ha dunque fornito una serie di indicatori (red flags) utili per individuare comportamenti non corretti quando si instaura una relazione economica con un Pep.
Proprio in materia di Pep, è interessante segnalare, in chiusura, come l'Ivass, nello Schema di Regolamento n. 5 del 6 giugno 2013 (in tema di obblighi di adeguata verifica della clientela da parte delle imprese di assicurazione e degli intermediari assicurativi), pur confermando la scelta definitoria operata dal nostro legislatore di circoscrivere il concetto di Pep alle sole persone fisiche residenti in altri Stati comunitari o extra comunitari, ha sostanzialmente previsto un meccanismo di equivalenza volto a far si che le imprese e gli intermediari di assicurazione debbano applicare le misure rafforzate di adeguata verifica anche nei confronti dei contraenti, beneficiari o titolari effettivi residenti sul territorio nazionale, che occupino o abbiano occupato importanti cariche pubbliche.

Avv. Ab. Silvia Colombo, Studio legale Jenny & Partners

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