Ddl Sanità: obiettivo disciplinare e contenere
Il dibattito e la struttura della Rc auto inducono il legislatore ad usarla come “madre di tutte le riforme”: è un sospetto che sorge anche analizzando le novità proposte nel ddl Sanità tra poco in discussione al Senato
17/03/2016
La scorsa settimana abbiamo dato ampio rilievo al testo del così detto “Ddl Sanità” approvato alla Camera dei Deputati ed ora in procinto di accedere all’aula del Senato.
In un’ottica di valutazione critica e di costruttiva riflessione sui possibili cambiamenti che certi passaggi della normativa, a nostro giudizio, meriterebbero, proviamo di seguito a proporre alcune questioni degne di attenzione e di possibile miglioria nell’attuale fase di esame parlamentare.
Ci sono vari aspetti che emergono, a nostro giudizio, per la loro peculiare criticità, pur in un impianto normativo che appare condivisibile nella ricerca di una linea di razionalizzazione e di chiarificazione della disciplina della colpa in sanità e della sua gestione giudiziale ed assicurativa.
Oggi vorremmo soffermarci in un’analisi, che ci occuperà anche nelle prossime settimane fino all’approvazione del testo definitivo, sui profili giudiziari e processuali della novella proposta con il Ddl in argomento.
Novità e criticità
Il testo di legge approvato alla Camera pone alcuni paletti e limiti all’azione giudiziaria, introducendo, per altro aspetto, alcuni passaggi obbligatori del tutto innovativi nel panorama procedurale odierno.
Vediamo quali sono, brevemente, tali elementi di novità e quali le possibili criticità.
L’art. 8 vorrebbe istituire il tentativo obbligatorio di conciliazione tramite l’utilizzo di uno strumento processuale già normato (l’accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis C.p.c.) che di fatto sostituirà – quale strumento di Adr – la mediazione obbligatoria prevista oggi quale condizione di procedibilità dell’azione per danni da errore sanitario.
È questa una novità che, se introdotta, potrà avere un impatto benefico nell’ottica della contrazione del contenzioso giudiziale (più che la convocazione avanti ad un organismo di mediazione), perché la procedura radicata davanti ad un magistrato ha il doppio pregio di essere particolarmente veloce e di avere ad oggetto lo svolgimento di una perizia medico legale che accerti i profili di colpa dei sanitari e il danno che ne sia conseguito.
La partecipazione alla procedura è obbligatoria per tutte le parti coinvolte nella controversia (vittime, struttura sanitaria, eventuali medici e loro imprese di assicurazione) e la cosa avrà la conseguenza di indurre una più celere trattazione della controversia in sede giudiziale, in luogo del lungo tempo che normalmente occupa una causa ordinaria.
La norma va dunque salutata con favore e risponde positivamente all’ispirazione della novella volta all’accelerazione del contenzioso.
Più contorta, invero, appare la norma prevista nel successivo art. 9, che tende invece a limitare il ricorso all’azione di rivalsa nei confronti del medico da parte della struttura sanitaria. È questa una prassi tipica del contenzioso tra paziente e struttura e si verifica tutte le volte che l’ospedale chiamato a rispondere dei danni all’utente ritenga che causa del fatto sia l’operatore sanitario convenuto, il quale dovrà quindi rimborsare alla struttura, in tutto o in parte, quanto da questa versato per il danno risarcito.
La norma in argomento si propone di delimitare l’azione di rivalsa, sia nel tempo (entro un anno dal pagamento della somma al danneggiato), sia nel merito (il medico può essere chiamato a rispondere solo in caso di dolo o colpa grave), sia nel quantum oggetto della rivalsa (entro il limite massimo del triplo della retribuzione lorda annua del medico).
Questa norma invero presenta, nella forma attuale, alcune incongruenze degne di rilievo.
La più rilevante novità consisterebbe nella deroga alla giurisdizione della Corte dei Conti nel caso in cui ad agire in rivalsa fosse una struttura pubblica.
L’attribuzione della competenza dell’azione alla magistratura ordinaria, rispetto a quella contabile, appare una forzatura non perseguibile sul piano della giurisdizione e su quello pratico.
Circa il primo aspetto, la competenza della Corte dei Conti per il danno erariale non pare derogabile da normativa ordinaria, mentre la delimitazione del quantum al triplo della retribuzione lorda del sanitario costituisce, per i danni gravi, una delimitazione dell’esercizio dell’azione erariale altrettanto rilevante sul piano dell’economia pubblica.
Poco chiaro il ruolo delle assicurazioni
Altra norma che pone parecchi dubbi di applicazione pratica è quella contenuta nell’art. 11, secondo la quale il danneggiato può agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione della struttura o del medico. Se l’idea è quella, condivisibile, di accelerare il contatto tra danneggiato e garante del responsabile, che sarà tenuto quindi a ristorare direttamente la vittima del danno subito, ci pare poco praticabile la via (acquisita dal mondo Rc Auto) di negare all’assicuratore del responsabile la facoltà di opporre al danneggiato le eccezioni derivanti dal contratto e, soprattutto, le “clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno” (franchigie o scoperti).
L’assicurazione medica è assai diversa da quella Rc Auto, ove vige un regime obbligatorio minimo di legge (massimali, contenuto dell’obbligo assicurativo, e così via) e ove non è praticabile la via delle franchigie contrattuali.
Nella disciplina assicurativa medica, invece, la copertura è fortemente delimitata nella prassi dalla volontà delle parti e prevedere l’impossibilità per l’assicuratore di opporre al danneggiato le esclusioni contrattuali e i limiti di copertura appare poco praticabile ed eccessivamente pregiudizievole per l’interesse dell’impresa assicuratrice.
Quest’ultima infatti, secondo la previsione in esame, dovrebbe corrispondere la somma assicurata per l’intero e poi agire in rivalsa verso l’assicurato per le maggiori somme alle quali non era contrattualmente tenuta, con evidente squilibrio nella funzione di garanzia propria dell’assicuratore che si troverebbe esposto per somme ben maggiori di quelle per le quali ha calibrato il premio contrattuale.
Nel mondo assicurativo della med mal, va rammentato, il ricorso alle delimitazioni economiche della copertura è assai frequente ed esclusioni, franchigie e contributi a carico dell’assicurato costituiscono componente propria della negoziazione e del prezzo della polizza oltre che limite all’espressione di volontà dell’assicuratore di contrarre l’obbligo di garanzia.
Una tale disposizione, quindi, inciderebbe in modo troppo rilevante sul lato negoziale dell’assicuratore per il quale, è bene rammentarlo, non esiste a differenza di quanto accade per il comparto Rc Auto, un analogo obbligo a contrarre.
Si è già detto che il Ddl Sanità è ispirato a una volontà condivisibile di razionalizzazione del mondo sanitario.
Tuttavia, attingere ad una disciplina sociale come quella della Rc Auto appare, negli aspetti evidenziati, artificio grossolano e non sempre praticabile, sul quale quindi si auspica una più approfondita riflessione.
In un’ottica di valutazione critica e di costruttiva riflessione sui possibili cambiamenti che certi passaggi della normativa, a nostro giudizio, meriterebbero, proviamo di seguito a proporre alcune questioni degne di attenzione e di possibile miglioria nell’attuale fase di esame parlamentare.
Ci sono vari aspetti che emergono, a nostro giudizio, per la loro peculiare criticità, pur in un impianto normativo che appare condivisibile nella ricerca di una linea di razionalizzazione e di chiarificazione della disciplina della colpa in sanità e della sua gestione giudiziale ed assicurativa.
Oggi vorremmo soffermarci in un’analisi, che ci occuperà anche nelle prossime settimane fino all’approvazione del testo definitivo, sui profili giudiziari e processuali della novella proposta con il Ddl in argomento.
Novità e criticità
Il testo di legge approvato alla Camera pone alcuni paletti e limiti all’azione giudiziaria, introducendo, per altro aspetto, alcuni passaggi obbligatori del tutto innovativi nel panorama procedurale odierno.
Vediamo quali sono, brevemente, tali elementi di novità e quali le possibili criticità.
L’art. 8 vorrebbe istituire il tentativo obbligatorio di conciliazione tramite l’utilizzo di uno strumento processuale già normato (l’accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis C.p.c.) che di fatto sostituirà – quale strumento di Adr – la mediazione obbligatoria prevista oggi quale condizione di procedibilità dell’azione per danni da errore sanitario.
È questa una novità che, se introdotta, potrà avere un impatto benefico nell’ottica della contrazione del contenzioso giudiziale (più che la convocazione avanti ad un organismo di mediazione), perché la procedura radicata davanti ad un magistrato ha il doppio pregio di essere particolarmente veloce e di avere ad oggetto lo svolgimento di una perizia medico legale che accerti i profili di colpa dei sanitari e il danno che ne sia conseguito.
La partecipazione alla procedura è obbligatoria per tutte le parti coinvolte nella controversia (vittime, struttura sanitaria, eventuali medici e loro imprese di assicurazione) e la cosa avrà la conseguenza di indurre una più celere trattazione della controversia in sede giudiziale, in luogo del lungo tempo che normalmente occupa una causa ordinaria.
La norma va dunque salutata con favore e risponde positivamente all’ispirazione della novella volta all’accelerazione del contenzioso.
Più contorta, invero, appare la norma prevista nel successivo art. 9, che tende invece a limitare il ricorso all’azione di rivalsa nei confronti del medico da parte della struttura sanitaria. È questa una prassi tipica del contenzioso tra paziente e struttura e si verifica tutte le volte che l’ospedale chiamato a rispondere dei danni all’utente ritenga che causa del fatto sia l’operatore sanitario convenuto, il quale dovrà quindi rimborsare alla struttura, in tutto o in parte, quanto da questa versato per il danno risarcito.
La norma in argomento si propone di delimitare l’azione di rivalsa, sia nel tempo (entro un anno dal pagamento della somma al danneggiato), sia nel merito (il medico può essere chiamato a rispondere solo in caso di dolo o colpa grave), sia nel quantum oggetto della rivalsa (entro il limite massimo del triplo della retribuzione lorda annua del medico).
Questa norma invero presenta, nella forma attuale, alcune incongruenze degne di rilievo.
La più rilevante novità consisterebbe nella deroga alla giurisdizione della Corte dei Conti nel caso in cui ad agire in rivalsa fosse una struttura pubblica.
L’attribuzione della competenza dell’azione alla magistratura ordinaria, rispetto a quella contabile, appare una forzatura non perseguibile sul piano della giurisdizione e su quello pratico.
Circa il primo aspetto, la competenza della Corte dei Conti per il danno erariale non pare derogabile da normativa ordinaria, mentre la delimitazione del quantum al triplo della retribuzione lorda del sanitario costituisce, per i danni gravi, una delimitazione dell’esercizio dell’azione erariale altrettanto rilevante sul piano dell’economia pubblica.
Poco chiaro il ruolo delle assicurazioni
Altra norma che pone parecchi dubbi di applicazione pratica è quella contenuta nell’art. 11, secondo la quale il danneggiato può agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione della struttura o del medico. Se l’idea è quella, condivisibile, di accelerare il contatto tra danneggiato e garante del responsabile, che sarà tenuto quindi a ristorare direttamente la vittima del danno subito, ci pare poco praticabile la via (acquisita dal mondo Rc Auto) di negare all’assicuratore del responsabile la facoltà di opporre al danneggiato le eccezioni derivanti dal contratto e, soprattutto, le “clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno” (franchigie o scoperti).
L’assicurazione medica è assai diversa da quella Rc Auto, ove vige un regime obbligatorio minimo di legge (massimali, contenuto dell’obbligo assicurativo, e così via) e ove non è praticabile la via delle franchigie contrattuali.
Nella disciplina assicurativa medica, invece, la copertura è fortemente delimitata nella prassi dalla volontà delle parti e prevedere l’impossibilità per l’assicuratore di opporre al danneggiato le esclusioni contrattuali e i limiti di copertura appare poco praticabile ed eccessivamente pregiudizievole per l’interesse dell’impresa assicuratrice.
Quest’ultima infatti, secondo la previsione in esame, dovrebbe corrispondere la somma assicurata per l’intero e poi agire in rivalsa verso l’assicurato per le maggiori somme alle quali non era contrattualmente tenuta, con evidente squilibrio nella funzione di garanzia propria dell’assicuratore che si troverebbe esposto per somme ben maggiori di quelle per le quali ha calibrato il premio contrattuale.
Nel mondo assicurativo della med mal, va rammentato, il ricorso alle delimitazioni economiche della copertura è assai frequente ed esclusioni, franchigie e contributi a carico dell’assicurato costituiscono componente propria della negoziazione e del prezzo della polizza oltre che limite all’espressione di volontà dell’assicuratore di contrarre l’obbligo di garanzia.
Una tale disposizione, quindi, inciderebbe in modo troppo rilevante sul lato negoziale dell’assicuratore per il quale, è bene rammentarlo, non esiste a differenza di quanto accade per il comparto Rc Auto, un analogo obbligo a contrarre.
Si è già detto che il Ddl Sanità è ispirato a una volontà condivisibile di razionalizzazione del mondo sanitario.
Tuttavia, attingere ad una disciplina sociale come quella della Rc Auto appare, negli aspetti evidenziati, artificio grossolano e non sempre praticabile, sul quale quindi si auspica una più approfondita riflessione.
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