Residenze per anziani, il welfare pubblico non basta
Il Primo Quaderno pubblicato da Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali evidenzia come sia necessario favorire la partnership con i privati
07/04/2016
In Italia manca un sistema di assistenza di lungo periodo per la non autosufficienza. In questo campo il Belpaese ha infatti due grandi limiti: il primo è la totale mancanza di coperture per la sopravvenuta inabilità (long term care), indispensabili per le persone anziane e che non possono essere soddisfatte dal sistema sanitario nazionale (Ssn). Il secondo è rappresentato dagli importi medi delle pensioni erogate dall'Inps e dalle Casse professionali: su 16,259 milioni di pensionati, 7 milioni ricevono assegni che non superano i 1.000 euro lordi; altri 4 milioni arrivano a 1.500 euro lordi (poco più di mille netti al mese); anche i restanti 2,5 milioni non superano i 2.000 euro lordi mensili.
La fotografia è stata scattata da Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali che ieri hanno pubblicato il Primo Quaderno di approfondimento sul tema. Si tratta di pensioni con cui si può vivere se si è in buone condizioni di salute, ma che non bastano per affrontare la non autosufficienza. Nel dettaglio, i costi giornalieri delle strutture residenziali per anziani, sommando la quota alberghiera in capo alle famiglie a quella sanitaria pubblica, vanno dai 106 euro ai 233 euro al giorno. Anche se il sistema pubblico - Ssn e Comuni - si accolla in media il 51% della spesa, la quota che resta a carico dell’anziano va dai 1.500 ai 3.400 euro al mese, costi impossibili da sostenere, con la sola rendita pensionistica, per la gran parte degli ospiti delle residenze. Il tema dell’invecchiamento della popolazione e, di riflesso, quello relativo alle nuove esigenze degli anziani si colloca dunque nella definizione dinamica di welfare: vale a dire la protezione dai rischi e il soddisfacimento dei relativi bisogni.
Tra i nuovi rischi e bisogni, per via dell’aumento dell’aspettativa di vita fino a qualche decennio fa impensabile, c’è quello della parziale o totale non autosufficienza, ma anche quello della solitudine in una famiglia ormai sempre più mononucleare.
Un ruolo per gli investitori istituzionali
In sostanza, quello che in passato era soddisfatto, cioè internalizzato, dalla famiglia allargata in cui convivevano, soprattutto nelle zone rurali, bis nipoti, nipoti, figli, padri, nonni, ora deve essere trovato negli altri due sbocchi: il mercato e lo Stato.
A questo proposito, può la residenzialità per gli anziani coniugare l’aspetto sociale a quello del business? Per rispondere a questo interrogativo e stimolare il dibattito pubblico in un Paese dove gli anziani ospiti delle strutture residenziali sostengono rette troppo spesso insostenibili, la risposta al quesito arriva da Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali ed è affermativa.
Il fabbisogno assistenziale legato all’invecchiamento della popolazione, infatti, non deve essere considerato esclusivamente come fattore di costo, ma un’opportunità per il sistema economico e un terreno ideale per sperimentare forme innovative di investimento pubblico-privato, in particolar modo attraverso partnership con investitori istituzionali, quali fondi pensione e casse di previdenza private. Che fare allora?
Secondo lo studio le azioni indispensabili sono due: innanzitutto l’introduzione urgente di una copertura di Ltc obbligatoria, che consenta di raddoppiare la rendita pensionistica all’insorgere della non autosufficienza (prevedendo magari integrazioni intermedie correlate ai livelli di bisogno).
È indispensabile poi un’azione che renda concreta la risposta affermativa all’interrogativo posto dal quaderno: coniugare sociale e business attraverso il mercato, facendo comprendere che l’investimento diretto o indiretto in queste strutture presenta vantaggi per gli enti che gestiscono forme pensionistiche, a partire dalla remunerazione del capitale investito con flussi certi, al riparo dell’inflazione e investiti in beni reali.
Ciò senza contare l’opportunità, visto che non è possibile aumentare le pensioni chiedendo maggiori contributi, di offrire servizi diretti in pool con altri soggetti o convenzioni a condizioni favorevoli.
La fotografia è stata scattata da Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali che ieri hanno pubblicato il Primo Quaderno di approfondimento sul tema. Si tratta di pensioni con cui si può vivere se si è in buone condizioni di salute, ma che non bastano per affrontare la non autosufficienza. Nel dettaglio, i costi giornalieri delle strutture residenziali per anziani, sommando la quota alberghiera in capo alle famiglie a quella sanitaria pubblica, vanno dai 106 euro ai 233 euro al giorno. Anche se il sistema pubblico - Ssn e Comuni - si accolla in media il 51% della spesa, la quota che resta a carico dell’anziano va dai 1.500 ai 3.400 euro al mese, costi impossibili da sostenere, con la sola rendita pensionistica, per la gran parte degli ospiti delle residenze. Il tema dell’invecchiamento della popolazione e, di riflesso, quello relativo alle nuove esigenze degli anziani si colloca dunque nella definizione dinamica di welfare: vale a dire la protezione dai rischi e il soddisfacimento dei relativi bisogni.
Tra i nuovi rischi e bisogni, per via dell’aumento dell’aspettativa di vita fino a qualche decennio fa impensabile, c’è quello della parziale o totale non autosufficienza, ma anche quello della solitudine in una famiglia ormai sempre più mononucleare.
Un ruolo per gli investitori istituzionali
In sostanza, quello che in passato era soddisfatto, cioè internalizzato, dalla famiglia allargata in cui convivevano, soprattutto nelle zone rurali, bis nipoti, nipoti, figli, padri, nonni, ora deve essere trovato negli altri due sbocchi: il mercato e lo Stato.
A questo proposito, può la residenzialità per gli anziani coniugare l’aspetto sociale a quello del business? Per rispondere a questo interrogativo e stimolare il dibattito pubblico in un Paese dove gli anziani ospiti delle strutture residenziali sostengono rette troppo spesso insostenibili, la risposta al quesito arriva da Assoprevidenza e Itinerari Previdenziali ed è affermativa.
Il fabbisogno assistenziale legato all’invecchiamento della popolazione, infatti, non deve essere considerato esclusivamente come fattore di costo, ma un’opportunità per il sistema economico e un terreno ideale per sperimentare forme innovative di investimento pubblico-privato, in particolar modo attraverso partnership con investitori istituzionali, quali fondi pensione e casse di previdenza private. Che fare allora?
Secondo lo studio le azioni indispensabili sono due: innanzitutto l’introduzione urgente di una copertura di Ltc obbligatoria, che consenta di raddoppiare la rendita pensionistica all’insorgere della non autosufficienza (prevedendo magari integrazioni intermedie correlate ai livelli di bisogno).
È indispensabile poi un’azione che renda concreta la risposta affermativa all’interrogativo posto dal quaderno: coniugare sociale e business attraverso il mercato, facendo comprendere che l’investimento diretto o indiretto in queste strutture presenta vantaggi per gli enti che gestiscono forme pensionistiche, a partire dalla remunerazione del capitale investito con flussi certi, al riparo dell’inflazione e investiti in beni reali.
Ciò senza contare l’opportunità, visto che non è possibile aumentare le pensioni chiedendo maggiori contributi, di offrire servizi diretti in pool con altri soggetti o convenzioni a condizioni favorevoli.
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