Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio
Negli ultimi mesi la previdenza pubblica è stata scossa da due eventi già passati sotto traccia.
Partiamo dal più recente. Alla fine di gennaio il governo ha presentato un disegno di legge di delega volto, così si legge nel testo del documento, ad una “razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi … fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e invalidità del beneficiario”.
Non appena trapelata, la notizia ha suscitato l’indignazione di molti che, dando credito ad alcune voci di corridoio secondo cui l’intervento del governo vorrebbe colpire la pensione superstiti, hanno levato unanimemente gli scudi al grido di “nessuno tocchi la reversibilità!!!”. Alcuni esponenti politici hanno addirittura strumentalizzato l’argomento nel pieno del dibattito parlamentare su altra questione, quella sulle unioni civili, accusando il governo di voler togliere la pensione di reversibilità ai nuclei familiari tradizionali per riconoscerla anche alle coppie omosessuali…
Ora, l’esecutivo ha voluto prontamente rassicurare vedove e vedovi, precisando come la pensione di reversibilità non sia coinvolta nel processo di “razionalizzazione”. Eppure, il testo della delega – almeno nella sua amplissima formulazione letterale – lascia aperti molti dubbi sull’effettivo perimetro della riforma prospettata dal governo.
Qualche giorno prima, e qui veniamo al secondo evento di rilievo, il Tribunale del Lavoro di Palermo ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione relativa alla legittimità del decreto legge 65/2015 con cui il governo ha rimodulato in via postuma il meccanismo della perequazione per il biennio 2012/2013.
In questo blog avevamo da tempo annunciato come quel decreto presentasse i medesimi vizi della norma che di fatto andava a sostituire e che era già stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale (http://www.insurancetrade.it/insurance/contenuti/blog/4506/s-perequazione-all-italiana-2-0-la-consulta-giudica-le-leggi). Va da sé, tuttavia, che, nel caso di una nuova pronuncia di incostituzionalità, l’emergenza non potrà credibilmente essere elusa con altro decreto esso stesso illegittimo. E proprio in quest’ottica, dalla “razionalizzazione” delle prestazioni assistenziali/previdenziali perseguita oggi dal governo potrebbero forse residuare risorse da utilizzare per risolvere una volta per tutte la querelle relativa al blocco della perequazione (che, peraltro, reca con sé strascichi potenzialmente infiniti ove si consideri che il blocco per l’annualità 2012 e 2013 incide in ogni caso sull’ammontare delle prestazioni di anno in anno rivalutate).
Certo, bisognerà comprendere a quale risparmio finanziario possa effettivamente condurre la prospettata opera di “razionalizzazione”, specialmente nel nuovo contesto normativo disegnato dallo stesso governo con il c.d. Jobs Act che potrebbe determinare un aumento apprezzabile di quelle situazioni di bisogno in cui l’intervento del welfare pubblico è particolarmente atteso.
A meno che dietro la prospettata opera di “razionalizzazione” non si celi la volontà di demolire – di fatto – il comparto dell’assistenza pubblica…
Partiamo dal più recente. Alla fine di gennaio il governo ha presentato un disegno di legge di delega volto, così si legge nel testo del documento, ad una “razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi … fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e invalidità del beneficiario”.
Non appena trapelata, la notizia ha suscitato l’indignazione di molti che, dando credito ad alcune voci di corridoio secondo cui l’intervento del governo vorrebbe colpire la pensione superstiti, hanno levato unanimemente gli scudi al grido di “nessuno tocchi la reversibilità!!!”. Alcuni esponenti politici hanno addirittura strumentalizzato l’argomento nel pieno del dibattito parlamentare su altra questione, quella sulle unioni civili, accusando il governo di voler togliere la pensione di reversibilità ai nuclei familiari tradizionali per riconoscerla anche alle coppie omosessuali…
Ora, l’esecutivo ha voluto prontamente rassicurare vedove e vedovi, precisando come la pensione di reversibilità non sia coinvolta nel processo di “razionalizzazione”. Eppure, il testo della delega – almeno nella sua amplissima formulazione letterale – lascia aperti molti dubbi sull’effettivo perimetro della riforma prospettata dal governo.
Qualche giorno prima, e qui veniamo al secondo evento di rilievo, il Tribunale del Lavoro di Palermo ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione relativa alla legittimità del decreto legge 65/2015 con cui il governo ha rimodulato in via postuma il meccanismo della perequazione per il biennio 2012/2013.
In questo blog avevamo da tempo annunciato come quel decreto presentasse i medesimi vizi della norma che di fatto andava a sostituire e che era già stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale (http://www.insurancetrade.it/insurance/contenuti/blog/4506/s-perequazione-all-italiana-2-0-la-consulta-giudica-le-leggi). Va da sé, tuttavia, che, nel caso di una nuova pronuncia di incostituzionalità, l’emergenza non potrà credibilmente essere elusa con altro decreto esso stesso illegittimo. E proprio in quest’ottica, dalla “razionalizzazione” delle prestazioni assistenziali/previdenziali perseguita oggi dal governo potrebbero forse residuare risorse da utilizzare per risolvere una volta per tutte la querelle relativa al blocco della perequazione (che, peraltro, reca con sé strascichi potenzialmente infiniti ove si consideri che il blocco per l’annualità 2012 e 2013 incide in ogni caso sull’ammontare delle prestazioni di anno in anno rivalutate).
Certo, bisognerà comprendere a quale risparmio finanziario possa effettivamente condurre la prospettata opera di “razionalizzazione”, specialmente nel nuovo contesto normativo disegnato dallo stesso governo con il c.d. Jobs Act che potrebbe determinare un aumento apprezzabile di quelle situazioni di bisogno in cui l’intervento del welfare pubblico è particolarmente atteso.
A meno che dietro la prospettata opera di “razionalizzazione” non si celi la volontà di demolire – di fatto – il comparto dell’assistenza pubblica…
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